Salvatore Crucitti ☼ Gloria Zeppilli

UCCI UCCI


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2023, short-film, North Rhine-Westphalia, Germania

Immagini di paesaggi sfigurati, villaggi estinti, racconti di sopravvivenza e comunità colpite dall’estrazione di carbone, si intrecciano per ricostruire una coscienza di ciò che stiamo perdendo. I paesaggi antropici vengono attivati da performance e narrazioni endemiche. Su una lavagna si estrae ciò che è sepolto lasciando solchi effimeri e utopici.

L'immagine

è un film che mette a confronto le prospettive antropologiche con una ricerca performativa sul paesaggio. Partendo dall’impatto del carbone nell’immaginario collettivo occidentale, si propone una riflessione estetica sui paesaggi antropici. I luoghi protagonisti sono villaggi estinti a causa dell’estrazione del carbone (presso la cava di carbone più grande d’Europa: Garzweiler, in Germania, nella regione della Renania Settentrionale-Vestfalia) e le estrazioni illegali in Polonia presso Trzebinia e Wałbrzych.

La ricerca

La nostra specie si è trasformata da semplice agente biologico a forza geologica modificando strutture territoriali e climatiche, impattando sui processi geologici. Per questo il progetto si prefigge di analizzare e confrontare prospettive antropologiche, sociali e filosofiche sull’argomento. Il carbone è stato considerato tra le risorse energetiche che hanno contribuito allo sviluppo dell’umanità fino ad oggi, diventando una delle principali cause della la crisi climatica.

Crediti

Di Salvatore Crucitti e Gloria Zeppilli
Curatela Martina Macchia
Con Antje Gerlach, Wolfgang Wangerin, Andrea Weitz, A.
Con il sostegno dell’International Performance Art Archive Black Kit, Quartier Am Hafen, Istituto Italiano di Cultura di Colonia, Lab Europe, Gallery Hase 29, Erasmus+
Si ringraziano Anastasiya Trifonenko, Jakub Prange, Martina Macchia, Jolanda Lamberti e Susanna Schoenberg

Scritto teorico per la mostra “Sedimenti” presso l'Istituto Italiano di Cultura di Colonia di Martina Macchia, 2023

Noi non ci saremo
La fine del mondo è la fine di tanti mondi personali, singolari e plurali. Quando uno di questi mondi finisce nessuno al di fuori se ne accorge. La fine di uno di questi mondi è lieve e silenziosa, antispettacolare, lontana dall’immaginario della catastrofe: è una linea capace di cancellare ogni cosa. Il duo Ucci Ucci, formato da Salvatore Crucitti e Gloria Zeppilli, indaga la condizione umana nell’Antropocene, era geologica successiva all’Olocene, in cui la specie umana si è trasformata da agente biologico ad agente geologico. Attivando esteticamente alcuni territori della Germania con una serie di lavori scanditi tra performance, video e documentario, il loro sguardo si apre all’altro per necessità di mettere a fuoco le immagini della fine: macerie, escavatrici, grandi solchi nella terra, residui, poca biodiversità a fare da scudo alla miniera che si espande, poche persone rimaste in luoghi svuotati dall’interno. "Sedimenti" tenta di restituire questo articolato lavoro, frutto di una residenza svolta dagli artisti tra Colonia, Osnabrück e alcuni villaggi della Renania Settentrionale-Vestfalia, che ricostruisce i frammenti di un immaginario condiviso. In un momento segnato dal collasso climatico – con conseguenze ambientali, sociali, economiche – e dalla distruzione degli equilibri naturali a causa delle attività antropiche, l’operazione artistica di Ucci Ucci, muovendosi tra l’etnografia e la fiaba, si inserisce in alcune fratture del contemporaneo. Il duo tenta di scrivere per immagini un’antropologia del presente, “vicina” secondo l’accezione che ne da Marc Augé, per cui “l’antropologia è sempre stata un’antropologia del qui e ora”. Attraverso la lente dell’arte visiva i due artisti operano una mappatura di territori liminali, all’alba o nel mezzo della loro estinzione, prossimi alla scomparsa. Ne raccolgono le testimonianze dirette, apocalissi personali e globali che si intrecciano su loro stesse, ricalcando il lavoro degli etnografi che conducono un’indagine sul campo tramite l’osservazione diretta dei luoghi e di chi li abita. La miniera e la cava di Piesberg a Osnabrück subiscono una trasmutazione infernale in "Canto III", serie di video e videoperformance che, ispirandosi direttamente all’iconografia dantesca del terzo canto dell’Inferno, aprono a una riflessione sugli Ignavi. Figure drammatiche, punite per la loro viltà, che hanno aspettato la fine senza mai scegliere da quale parte schierarsi. Reduci da una vita nell’immobilità, sono descritti nella Divina Commedia come non degni dello sguardo altrui, destinati in eterno a inseguire una ‘nsegna – un’insegna, nell’accezione di alcuni un cencio senza valore – che nella rappresentazione pittorica di Luca Signorelli è uno stendardo bianco. Dietro di esso un gruppo di performer cammina, attraversa il perimetro della cava e della miniera, solcando un terreno già solcato, un nonluogo prosciugato, lunare e arido. La distruzione passa attraverso la scomparsa della biodiversità: la vita di animali non umani e umani svanisce insieme agli ecosistemi, mentre noi rimaniamo immobili. Questo ci rende affini alle anime bloccate nell’Antinferno, aprendo uno squarcio rispetto alla responsabilità individuale di ogni umano. La singolarità dei vissuti emerge con il documentario che dà il titolo a questo incontro, Sedimenti, attraverso cui Crucitti e Zeppilli danno forma a una memoria collettiva per il futuro. Partendo da storie e racconti familiari, realizzano delle interviste che coinvolgono alcuni abitanti della zona della miniera di Garzweiler, tuttora in espansione. La popolazione racconta la propria esistenza tra passato, presente e futuro, diventando testimone di quello che resta: un territorio diviso dagli enormi macchinari e dalle escavatrici, minacciosi fantasmi di mostri industriali che demarcano la fine di un mondo. La narrazione avviene tramite il disegno: una lavagna diventa lo strumento per attivare la memoria e rappresentare la perdita. Come una manifestazione visibile del pensiero, permette di lasciare traccia di un passaggio. Ciò che non esiste più viene cancellato con degli sbarramenti diagonali che reiterano l'immagine del divieto, del non accessibile: in questo caso a non essere accessibili sono gli affetti, i pensieri, le emozioni, i ricordi, la preghiera – la cui assenza converge nella simbolica e violenta distruzione della chiesa di Immerath – la casa, l'albero vicino alla casa e di conseguenza la comunità stessa. Tutto si perderà e noi dove saremo, allora, quando il nostro mondo non ci sarà più?

Martina Macchia